Approfondimento sulle discipline studiate
Lo iai-jutsu, o arte dell'estrarre della spada, è la disciplina che insegna al guerriero ad estrarre velocemente la spada dal fodero eseguendo con un unico movimento la tecnica di estrazione e di taglio. Apparentemente si tratta di un arte prettamente difensiva, ma in realtà lo studio dello Iai jutsu trova un campo di applicazione incredibilmente ampio.
(...) A differenza del kenjutsu, generalmente lo iai-jutsu viene eseguito come esercizio individuale (tandoku renshu) e attribuisce un rilievo singolare al fatto che l'esponente può essere seduto, accosciato o disteso, trovandosi quindi relativamente impreparato per il combattimento.
(Tratto da: " Donn F. Draeger, op. cit.")
In particolar modo lo Iai del Katori Shinto Ryu, mette in luce la strategia che i guerrieri dell'epoca agivano per la propria difesa. Durante le esplorazioni notturne e preventive dei luoghi di combattimento e/o all'avvicinarsi al campo nemico, delle sentinelle proteggevano gli esperti di strategia che osservavano gli appostamenti nemici. Tutti adottavano un particolare modo di sedersi a terra chiamato Iai-goshi, da qui lo sviluppo dello Iai da questa posizione abbassata rispetto a quella abituale in piedi o completamente seduta come in seiza.
Inoltre lo Iai-goshi aveva un vantaggio rispetto alla posizione in piedi, che era quello di potersi nascondere facilmente dietro un qualsiasi cespuglio od ostacolo alla vista molto basso. Quindi, questi guerrieri sviluppavano la capacità di difendersi e/o aggredire da una posizione più bassa rispetto a quella del nemico, in più potevano vederne la sagoma stagliarsi sul cielo notturno.
Le forme codificate dalla scuola sono praticate da soli, con un Bokken (per i principianti), una spada da estrazione (iai-to) senza filo o un katana. Le fasi principali dello iai sono: nuki (estrazione), kiri (taglio), chiburi (scolatura della lama), e noto (il rinfodero). I kata praticati sono in due serie iai-goshi (posizione accosciata), tachi-iai ( posizione in piedi).
...Una volta in possesso di una spada il guerriero classico ne faceva comprensibilmente la propria arma principale ed elaborava metodi per utilizzarla nel modo più efficace possibile.
Tali metodi denominati kenjutsu, o arte della spada, divennero la testimonianza più elevata della destrezza marziale del bushi. Attraverso le discipline previste dal kenjutsu, il bushi imparava ad affrontare tutte le armi che avrebbe potuto trovarsi di fronte nel combattimento. Il kenjutsu divenne pertanto un energico precettore di ginnastica marziale, terreno di addestramento per l'unità dell'occhio e della mano. Insegnando come valutare la distanza ottimale per lo scontro (ma-ai), e l'opportunità dello stesso (suki) nonché il controllo fisico e mentale del nemico (zanshin)...
(Tratto da: " Donn F. Draeger, Bujutsu Classico, trad. Fabio Bernabei, Ed. Mediterranee Roma 1998")
Il Kenjutsu o combattimento con le spade, si svolge con armi di legno (bokken), ed è praticato per mezzo di kata o forme codificate dalla scuola.
Il kata è composto da fluide sequenze di colpi (fendenti, stoccate, affondi, colpi di striscio e parate), che vengono scambiati tra i due praticanti, ed ogni allievo deve imparare entrambi i ruoli di ogni kata. Il principiante incomincia praticando le guradie di base della katana, e i colpi fondamentali d'attacco, facendoli confluire infine nel primo kata di accesso al livello di base, che viene eseguito in coppia di un compagno di pratica più esperto. Durante la progressione nella pratica, l'allievo impara nuovi kata, che divengono sempre più complessi ed articolati.
Quindi per la progressione, la cosa importante non è imparare più kata possibili, ma bensì migliorare il maneggio della spada, per poter progredire in modo certo e rapido, approfondendo i problemi che il kata stesso suggerisce.
Armi di legno di lunghezza variabile venivano utilizzate dal popolo giapponese, per scopi sia cerimoniali sia bellici (...). Le isole giapponesi, infatti, sono state senz'altro benedette dalla natura che ha fornito loro un legno duro denominato kashi, un genere di quercia sempreverde che fa dell'asta o del bastone impiegati nel combattimento senz'armi strumenti quasi indistruttibili.
(Tratto da: " Donn F. Draeger, op. cit.")
Il Bojutsu o combattimento con il Bo (bastone lungo 182cm), si svolge tra due persone una armata di Bo e la seconda (di grado più alto) armato di bokken, e si praticano solo i kata o forme codificate dalla scuola. La maggiore lunghezza del bo, conferisce un più facile controllo dell'avversario armato di spada, mettendolo in difficoltà in quanto il bo può colpire da una distanza maggiore.
I principali bersagli del bo saranno: la testa, la gola, le mani, le gambe.
Quando l'esperienza del maneggio del bo sarà elevata si passerà allora ai kata superiori: Bo contro Bo (Go gyo no Bo), ancor più rapido nell'eseguire i caricamenti e con colpi più sofisticati.
Naginata è una sorta di alabarda costituita da un'asta in legno, soliamente laccata, lunga circa 150 cm, su cui è innestata una lama ricurva, di forma analoga al wakizashi ma più spessa e con una forte curvatura verso la punta. Altra sorta di alabarda fu il nagamaki, in cui le proporazioni fra lama e asta erano, rispetto al naginata, circa uguali. Queste armi furono utilizzate ampiamente soprattutto prima dell'avvento delle armi da fuoco, sia da cavallo che a piedi (frequentissimo è trovarle rappresentate, ad esempio, in stampe raffiguranti episodi di battaglie nel periodo delle guerre con i mongoli).
In particolare, se utilizzate da un fante potevano essere utili contro un cavaliere avvalendosi sia della lunghezza sia della possibilità di atterrare il nemico tagliando le gambe del cavallo che lo sosteneva. Il naginata utilizza la lama prevalentemente di taglio mentre l'asta può essere utilizzata per colpire (frequente era l'adozione di un pomolo di metallo all'estremità dell'asta per rafforzare il colpo).
Il naginatajutsu, o arte dell'alabarda, richiede un vigore singolare. Quest'arma lunga e pesante, (...), viene utilizzata portando colpi diretti o rovesciati, a seconda dell'impiego assennato da parte del gueriero della lama, del manico e dell'impugnatura.
L'ha-kaeshi, l'abilità di cambiare rapidamente la posizione della lama, consentiva al guerriero di portare i singoli colpi come avrebbe fatto con la spada, ma con il vantaggio aggiuntivo di rimanere a una distanza maggiore dall'avversario, grazie alla lunghezza del manico. (...), prima di intraprendere l'addestramento con il naginata, era necessario che il guerriero fosse esperto nell'arte della spada, (...).
(Tratto da: " Donn F. Draeger, op. cit.")
Anche il naginata prevede un contendente armato di spada. Come per la spada il maneggio del naginata è composto da fluide sequenze di colpi (di taglio, stoccate, affondi, colpi di striscio e parate), inoltre si apprende l'uso del manico alternato alla lama, in pratica si mettono insieme le capacità combattive apprese precedentemente con la spada ed il bo, in un'unica arma, quindi un aumento di destrezza dei movimenti e nel maneggio dell'arma.
Per tale motivo il naginata divenne con il tempo l'arma dedicata alle donne appartenenti alle famiglie samurai. Il progressivo abbandono del naginata nel periodo Tokugawa ne fece strumento di educazione per le nobili guerriere più che arma
di offesa.
Il ryoto mette lo spadaccino (spada singola) di fronte ad una situazione estremamente pericolosa, in quanto la versatilità delle due spade in rapida successione determina un maneggio della spada, veloce preciso con spostamenti rapidi per non essere colpito.
Raggiunto un determinato livello di abilità, tuttavia, gli esponenti della disciplina si allenano anche con due spade, di solito una corta e una lunga, nella tecnica del nito ("due spade") o del ryoto ("entrambe le spade").
(Tratto da: " Donn F. Draeger, op. cit.")
Il praticante del Ryoto deve cominciare ad usare le mani in modo indipendente ma coordinato, altrimenti durante il maneggio rischia di tagliarsi da solo.
Quindi i suburi o colpi fondamentali, vanno appresi con precisione prima di approcciare qualsiasi kata.
Nel giapponese moderno il termine kodachi è generalmente usato con il significato generico di “spada corta”, e come tale comprende anche la spada wakizashi. A seconda del contesto, kodachi è usato sia come termine generico di spada corta, che a indicare un tipo specifico di spada corta. Nei contesti storici in cui invece vi era differenza, la kodachi non era molto dissimile dalla spada wakizashi, più curva e leggermente più corta della kodachi. I due termini vengono talvolta usati per indicare la stessa arma, anche a causa di differenze di periodi storici, più che nella forma della spada. Nel Capitolo del vento de Il libro dei cinque anelli Musashi Miyamoto fa riferimento alla spada corta come kodachi
(le traduzioni trovate differiscono però su questo capitolo, qualcuna indica kodachi, altre “piccola spada lunga”, forse a confermare il significato generico del termine).
Particolare tipo di spada corta. Fino al sedicesimo secolo la wakizashi era tradizionalmente riservata al rituale del seppuku (più noto in Occidente come hara-kiri). I due termini wakizashi e kodachi vengono talvolta usati per indicare la stessa arma, anche a causa di differenze di periodi storici, più che nella forma della spada.
Musashi Miyamoto scrive, nel Capitolo della terra de Il libro dei cinque anelli: “Si parla di due spade perché è dovere di tutti i guerrieri, comandanti e soldati di indossare due spade.
Ai vecchi tempi queste venivano chiamate tachi e katana, o grande spada e spada; oggi invece sono chiamate katana e wakizashi, ovvero la spada e la compagna. Non è necessario discutere in dettaglio il fatto che i guerrieri indossino due spade. In Giappone i guerrieri indossano due spade al loro fianco a prescindere dal fatto che sappiano o no il perché.”
Il kodachi, arma corta per eccellenza, deve mantenere necessariamente una distanza ravvicinata per poter entrare nella guardia avversaria, costringendo così lo spadaccino al mantenimento costante del ma-ai (distanza) per poter colpire.
Quindi la rapidità e la precisione degli spostamenti (tai sabaki) sono di fondamentale importanza.
Quest'arma viene insegnata in una fase avanzata dell'apprendimento del programma marziale.
Arma d'asta tipica della fanteria, lo yari era costituito da una lama diritta con punta e due tagli innestata su un'asta in legno tramite un codolo della lama. La lunghezza di lama e asta variavano in base al modello ed all'utilizzo (dai due metri fino ad oltre tre metri e più). Una tale arma, in cui la lama non risultava particolarmente costosa nella fabbricazione (comparata al costo di una spada) ha consentito una produzione di massa di lancie ad uso di eserciti di fanti. Tale opportunità ha fatto sì che la lancia sia stata adottata come arma principale della fanteria e drappelli di lancieri continuarono ad esistere anche dopo l'avvento delle armi da fuoco (mai diffuse, nel Giappone medievale, in modo massiccio come in occidente).
L'arte del combattere con lo yari (sojutsu) è presente in diverse scuole fin dal 1400. La lancia (mai scagliata verso il nemico come erano soliti fare gli eserciti antichi occidentali) colpisce prevalentemente di punta; il guerriero si esercitava ad eseguire attacchi ripetuti in cui la lancia, tenuta saldamente con la mano destra (arretrata rispetto la sinistra), scorre all'interno della mano sinistra a produrre un affondo di temibile efficacia. Alcune variazioni nella forma della lama prevedono l'adozione di appendici laterali, anch'esse affilate, atte a tagliare, o, in caso di utilizzo contro un nemico a cavallo, afferrare e sbilanciare il cavaliere. Nello stesso esercito potevano essere utilizzate lancie di lunghezza differente in relazione alla posizione ed ai compiti del fante.
Il sojutsu, veniva considerato quale arte tracotante, una professione propria dell'individuo spietato, giacché spesso le ferite inferte da questa arma producevano un'agonia lenta e crudele. Il sojutsu abituava il bushi a ritenere la lancia un'arma d'opportunità, più che di impiego tattico generico. La lancia poteva essere utilizzata sia a cavallo che a terra.
(...) Allenandosi con la lancia, il guerriero classico dovette pertanto apprendere l'uso del ma-ai (distanza di combattimento) lungo, al fine di portare l'obbiettivo nel raggio della punta; per contro, grazie a tale processo, il bushi sviluppò un'abilità sorprendente nell'evitare il ma-ai lungo laddove si trovasse ad affrontare il lancere con la propria arma di base, la spada.
(Tratto da: " Donn F. Draeger, op. cit.")
La lancia giapponese, arma terribile per velocità e distanza, lo spadaccino esperto era messo a dura prova dalla serie di colpi improvvisi che potevano essere portati da un lancere.
È quindi un'arma riservata ad un praticante esperto e con un ottimo bagaglio tecnico. A questo punto dell'apprendimento non si possono più avere incertezze e/o lacune tecniche di alcun tipo. Infatti i bersagli preferiti dal lancere sono gli occhi, le spalle, la gola, le cosce, l'addome (hara tsuki).
(New York and Tokyo: Weatherhill, 1973, 1996)
(New York and Tokyo: Weatherhill, 1973, 1996)
(New York and Tokyo: Weatherhill, 1974, 1996)